IN MORTE DI ELUANA ENGLARO

Fra polemiche politiche, scontri ideologici, sentenze di vario tenore e molti dubbi, si è spenta la vita di Eluana Englaro. Omicidio assistito o fine naturale indotta?

Mi ha sconcertato una dichiarazione del padre di Eluana Englaro, Beppino, che, richiesto da un giornalista su cosa avrebbe voluto dire ad Eluana se avesse potuto ascoltarlo, ha proferito queste parole: “Le direi che ce l’abbiamo fatta”. A morte sopraggiunta ha poi chiesto di essere lasciato solo col suo dolore. Dopo aver tanto lottato perché si affermasse il principio della libertà di scelta (di altri, non dell’interessata, incapace di esprimere la propria volontà) circa il destino di sua figlia, allettata da diciassette anni, ed essersi mostrato sollevato dalla decisione della giustizia italiana, si è poi detto addolorato a morte sopravvenuta per disidratazione. C’è qualcosa che non va in questo comportamento, ed è la seconda nota
stonata di questa sconcertante vicenda italiana che ha riproposto il dilemma su che cosa sia vita e su che cosa non lo sia più.
Per i cattolici, che credono che la vita vada rispettata sempre, non vi sono dubbi: essa va difesa fino all’ultimo istante, cosa che per Eluana non è avvenuta. Si è spenta non già in modo naturale, ma a seguito dell’interruzione dell’alimentazione. Eluana non era collegata a macchinari che la tenevano in vita artificialmente. Era nutrita attraverso un sondino. È morta perché non è stata più alimentata, scelta di una gravità inaudita anche sotto il profilo giuridico e che secondo molti contrasta con lo spirito della nostra Costituzione (art. 32). Un fatto molto grave e che può preludere ad altro, ad una sorta di selezione eugenetica. Se, ad esempio, passasse il principio (implicito) per cui soltanto i sani e gli efficienti possono continuare a vivere, che ne sarà dei portatori di gravi handicap? Che fine faranno coloro che dipendono dagli altri in tutto e per tutto perché incapaci di gestirsi a causa di gravi malformazioni o di incidenti sopraggiunti?
Non potrebbero i loro genitori o i loro tutori, in virtù di una presunta volontà espressa dal tutelato, chiederne l’eutanasia?
Perché mantenere in vita una persona che è di peso alla società ed alla sua famiglia?
Attenzione, quindi. La deriva nichilista è alle porte, ed essa non proviene dai cattolici o dalla Chiesa ma da coloro che in hanno una visione soltanto biologica della vita, non spirituale né tanto meno religiosa. È evidente che per i non credenti la vita si svolge esclusivamente qui, su questa terra, e se essa non può essere vissuta da sani l’alternativa c’è e si chiama eutanasia. Per il credente la vita è sacra, il corpo è e resta tempio dello Spirito Santo quali che siano le sue condizioni. Anche chi non è in grado di intendere e di volere è tempio di Dio, anzi lo è doppiamente, in quanto persona umana ed in quanto soggetto debole. Ho quindi netta l’impressione che quella basilica maggiore, fatta di carne, sia stata demolita dagli uomini, data in pasto ad avvoltoi e facinorosi di ogni estrazione politica e religiosa. Non è l’unica basilica a rischio di abbattimento.
Quel padre, al quale vanno riconosciute tutte le attenuanti del caso, ha combattuto e vinto una battaglia sbagliata, che fa da apripista, al di là delle intenzioni, ad una legislazione in apparenza garantista, in sostanza nichilista.


Salvatore Bernocco