A nome della Comunità Parroccchiale
AUGURI, DON VINCENZO!
“Se non avessimo il Sacramento dell’Ordine, noi non avremmo Nostro Signore. Chi l’ha messo nel tabernacolo? Il sacerdote. Chi ha ricevuto la vostra anima al suo ingresso a questo mondo? Il sacerdote. Chi la nutre per darle forza di fare il suo pellegrinaggio? Sempre il sacerdote. Chi la preparerà a comparire davanti a Dio, lavando l’anima per la prima volta nel sangue di Gesù Cristo? Il sacerdote, ogni volta il sacerdote. Se l’anima, poi, giunge all’ora del trapasso, chi la farà risorgere, rendendole la calma e la pace? Ancora una volta il sacerdote. Non potete pensare a nessun beneficio di Dio senza incontrare, insieme a questo ricordo, l’immagine del sacerdote”.
Sono pensieri di Giovanni Maria Vianney, meglio noto come il Santo Curato d’Ars, beatificato l‘8 gennaio 1905 e canonizzato il 31 maggio 1925, patrono dei sacerdoti di tutto il mondo. Il 19 giugno 2009, in prossimità della solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù – giornata tradizionalmente dedicata alla preghiera per la santificazione del clero – Benedetto XVI indiceva ufficialmente un “Anno Sacerdotale” in occasione del 150° anniversario del “dies natalis” di Giovanni Maria Vianney.
“Tale anno – scriveva tra l’altro il Pontefice - vuole contribuire a promuovere l’impegno d’interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti per una loro più forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi […]. “Il Sacerdozio è l’amore del cuore di Gesù”, soleva dire il Santo Curato d’Ars. Questa toccante espressione ci permette anzitutto di evocare con tenerezza e riconoscenza l’immenso dono che i sacerdoti costituiscono non solo per la Chiesa, ma anche per la stessa umanità”.
Sono premesse indispensabili per formarsi un’idea corretta – non influenzata dalle dicerie e dai pettegolezzi - sulla missione del sacerdote, chiamato ad offrire il Cristo al mondo non di certo per espandere il potere della Chiesa sulle anime, ma per far lievitare l’umanità verso il punto omega, la ricapitolazione di tutte le cose in Dio, nel suo amore che è da sempre ed è per sempre. Il 40° anniversario di sacerdozio di don Vincenzo va visto ed interpretato in questa ottica, nella prospettiva di un servizio esigente reso all’uomo ed alla comunità, affinché tutti abbiano a beneficiare di una parola di conforto, della parola che salva e redime, di un aiuto morale e concreto, di un apporto di fede e di speranza.
Il mio lungo sodalizio con lui e la comunità del SS. Redentore mi ha aperto nuove strade. Grazie alla sua amicizia ho potuto mettere a frutto i miei talenti, quelli che Dio mi ha dato senza alcun merito da parte mia.
Anche questo rientra fra i compiti del sacerdote illuminato: servirsi dei battezzati per servire meglio la comunità, comprendendone le inclinazioni, i talenti, i limiti, anzi facendo di questi ultimi i tasselli dell’edificio comunitario.
Pensiamoci bene: sono i nostri limiti il confine dove si esauriscono le nostre possibilità e si attivano le possibilità degli altri, che si integrano e completano con le nostre. La comunità cristiana è comunità di forti nella fede, non di onnipotenti nelle faccende del mondo. Su di queste possiamo intervenire senza, molto spesso, potere nulla. Se taluni si servono delle loro comunità per lucrare le indulgenze del mondo ed il favore dei potenti, ebbene, in essi non vi è lo spirito cristiano, vi alligna piuttosto lo spirito del mondo, inteso come tutto ciò che si frappone ai piani d’amore e di gratuità di Dio verso ogni uomo. Per tale ragione Gesù ci mette in guardia dai falsi profeti e dai lupi, da coloro che non si curano del gregge, ed esalta invece la fede del centurione, cioè di un pagano.
Paradossalmente nel pagano – potremmo oggi dire in coloro che ci sembrano distanti – c’è lo spirito di Dio, mentre in molti sacerdoti e credenti – dobbiamo dirlo senza peli sulla lingua – fermenta lo spirito del mondo.
Posso dire, senza adulazione alcuna, che con don Vincenzo ho percorso un cammino di crescita spirituale. Lo ringrazio sinceramente per l’amicizia e per quanto ha fatto per me, per questa comunità parrocchiale, con spirito cordiale e mosso dalle migliori intenzioni.
Nella Bibbia il numero 40 ha un forte significato simbolico. Gesù stette nel deserto per 40 giorni alle prese con le tentazioni diaboliche. Per 40 anni gli ebrei vagarono nel deserto. Il numero 40 rappresenta un lungo periodo di tempo, una sorta di crogiuolo temporale e di esperienze, di lotte e di vittorie, di progressi e di sconfitte. Ciò vale anche per don Vincenzo, che ha percorso un lungo tratto di strada e che, come sosteneva il Curato d’Ars, è un dono di Dio.
Gli auguro di raccogliere i frutti del suo disinteressato impegno già qui ed ora, e che lo circondino l’affetto e la stima dei suoi parrocchiani, dei suoi confratelli e superiori. Semplicemente perché se li merita.
Salvatore Bernocco
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ANNO XXIII - N.12