IL 40° DI SACERDOZIO DEL PARROCO DON VINCENZO
“Ovunque e sempre, sii … Sacerdote”
Miei Cari,
concludeva così la sua omelia il vescovo Mons. Marena quel 7 dicembre di 40 anni or sono prima di impormi le mani e iscrivermi nel numero dei sacerdoti di Cristo.
Quel numero 40 mi ha portato a riflettere sul valore simbolico che assume nella Sacra Scrittura: rappresenta la sostituzione di un periodo con un altro agli anni che costituiscono la durata di una generazione. Così il diluvio si prolungò durante 40 giorni e 40 notti, cioè il tempo del passaggio ad una umanità nuova. Gli israeliti soggiornarono 40 anni nel deserto, il tempo necessario perché una generazione infedele fosse sostituita da una nuova. Mosé restò 40 giorni sul monte Sinai ed Elia fuggì per 40 giorni perché giungesse il tempo al termine del quale le loro vite sarebbero cambiate. Il profeta Giona passò 40 giorni ad annunciare la distruzione di Ninive per dare agli abitanti il tempo di cambiare vita. Gesù digiunò per 40 giorni per segnare il suo passaggio della vita privata a quella pubblica. Insomma si tratta di un “passaggio” ad una realtà nuova non perché il “sacerdozio” sia da rimuovere ma perché sia vissuto con più donazione e più slancio a servizio di Dio e dei fratelli, anche se il numero 40 rimane nel suo antico significato di tribolazione e attesa: Gesù ha digiunato 40 giorni nel deserto e il medesimo intervallo intercorre tra la sua risurrezione e la sua ascensione.
Ma, al di là di questi riferimenti biblici, non posso non tornare a pormi la domanda: perché mi son fatto prete?
Il vescovo americano Fulton J. Sheen mi ricorda che la domanda non è ben combinata perché da essa apparirebbe che sia stato io a scegliere il Signore, mentre è stato Lui a scegliere me.
È stato Lui a volere che io facessi qualcosa, a voler fare di me uno strumento, come una penna con cui avrebbe scritto sulle anime il poema del suo amore. Se io dicessi: “perché mi son fatto prete” dimenticherei le parole del Signore:“Non siete voi che avete scelto Me, ma sono Io che ho scelto voi”. Il sacerdozio è una vocazione, un invito, una chiamata. Io certamente non ho meritato questa chiamata. Ma il Signore non sceglie sempre i migliori; altrimenti sembrerebbe che le benedizioni vengano dalla potenza umana più che dalla forza di Dio. In questo senso, l’amore di Dio è cieco. Si direbbe che Egli non guarda la nostra indegnità.
Ecco perché non cesserò mai di benedire l’Immacolata nella cui festa celebrai 40 anni or sono la mia Prima Messa. Lei e il Servo di Dio don Tonino, anch’Egli ordinato prete nella festa dell’Immacolata, mi ricorderanno sempre le parole pronunciate dal mio vescovo: “Ovunque e sempre, sii … Sacerdote”.
Don Vincenzo
vostro parroco
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ANNO XXIII - N.12