Dio: datore di senso

Intanto, per prima cosa, la fede in Dio ci rivela che la nostra vita non è assurda, ma ha un senso. Non siamo figli del Caso, ma di un Padre che si ha pensati, amati, voluti.
“Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre. Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio; sono stupende le tue opere, tu mi conosci fino in fondo.
Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, intessuto nelle profondità della terra. Ancora informe, mi hanno visto i tuoi occhi e tutto era scritto nel tuo libro” (Sal 139,13-16).
Ebbene, la convinzione di avere Dio all’origine della nostra vita ci immunizza dalla più terribile malattie che possa cogliere l’uomo: l’angoscia. Cerchiamo di capire bene: credere in Dio non elimina, certo, le malattie fisiche (ad esempio, il mal di denti); non elimina le malattie psichiche (ad esempio la paura); credere in Dio elimina la malattia spirituale: l’angoscia.
Ammesso Dio, infatti, tutto ha un senso; ammesso Dio siamo in buone mani. Il Padre, infati, sa: “Il Padre nostro celeste sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate” (Mt 6,8).
E così Dio diventa come un potente ansiolitico. Credere che Dio c’è e mi ama, può rasserenare più di tutte le psicanalisi del mondo!
Lo psichiatra Giacomo Daquino non ha dubbi: “La religiosità matura rappresenta la miglior medicina, il miglior psicofarmaco per l’individuo sia verso se stesso che nel rapporto con gli altri. È infatti fonte di serenità, di equilibrio, di armonia emotiva”.
Chi crede in Dio è autorizzato a ridere! Comunque vadano le cose, sarà un successo: il lieto fine è assicurato!
C’è un Filo Conduttore che lega ogni cosa. C’è Uno che scrive diritto anche su righe che ci sembrano storte.
Ammesso Dio, tutto è grazia, anche le cadute, anche le fermate. Lo capiremo quando, dopo il tunnel, sentiremo la Sua spiegazione autorevole, divina. Capiremo e ringrazieremo d’esser nati uomini. Capiremo e gioiremo.
Sant’Agostino diceva: “Dio è la felicità che fa felici!”. Insomma, Dio è contro il malumore. ‘Religione’ non dovrebbe mai far rima con ‘depressione’. Papa Giovanni XXIII confidava: “Il segreto della felicità è farsi portare da Dio”, abbandonarsi alla sua volontà: “Nella tua volontà è la mia gioia” (Sal 118,16). Sentite questo brevissimo racconto che ci regala lo scrittore Luigi Santucci: “La paura bussò alla porta. La fede andò ad aprire. Non c’era nessuno!”.
Chiarissimo: la fede in Dio sconfigge la paura, sconfigge il mal di vivere.
Commenta Carlo Carretto: “Dio è mio padre. Queste semplici parole sono la proclamazione della più importante profezia che riguarda l’uomo e la risposta a tutti gli interrogativi posti dal mistero della vita.
Sì, se Dio è mio padre, posso star tranquillo e vivere in pace: sono assicurato per la vita, per la morte, per il tempo e per l’eterno. E che tipo di assicurazione è la mia!”.
La fede in Dio non è solo un ansiolitico, è anche un potente energetico.
A 46 anni Ludwig von Beethoven piomba nella sordità totale. È preso dalla massima disperazione. La sua fede in Dio vacilla paurosamente. Ma, ad un certo momento, trova la forza di vincere ancora. Compone in due anni la ‘Messa solenne’; sotto quelle note scrive: “Dio è un’incrollabile fortezza”.
Sì, la fede in Dio trasmette energia. Pensiamo a un don Alberione, a un don Bosco, a una Madre Teresa di Calcutta: tre sassolini (davvero tali se guardiamo al loro fisico)che, buttati nel mare della storia, hanno formato, per la forza della loro fede in Dio, cerchi a dimesione mondiale.
Con tutto ciò (sia ben chiaro!) non vogliamo ridurre Dio ad un nostro bisogno, ad un’illusione balsamica, ad una stampella spirituale, ad un ‘placebo’.
Vogliamo dire che Dio produce quegli effetti sull’uomo, ma non dipende da essi.
Che la fede in Dio sia uno psicofarmaco ed un energetico, non esaurisce Dio in queste funzioni, così come il fatto che il sole ci illumini e riscaldi non lo fa esistere: il sole esiste anche quando le nubi ci impediscono di goderlo. Insomma, Dio non dipende da quei meravigliosi effetti di cui abbiamo detto qualcosa. Che quello che precede sia serio e fondato, lo si può provare anche in negativo, dimostrando cioè, che “vivere senza Dio è un tormento”, come sosteneva lo scrittore russo Feodor Dostoevskij. Anche il teologo Hans Küng è convinto che il prezzo che l’ateo deve pagare è molto alto: “L’ateo rischia di cadere in uno stato di depressione, di desolazione, di insicurezza, con la conseguenza del dubbio, dell’angoscia, della disperazione. Che cosa possiamo sapere? Che cosa dobbiamo fare? Che cosa possiamo sperare? Tutte queste domande, nell’ateismo, restano, fodamentalmente, senza risposte”.
Davvero: l’ateismo rattrista, mentre, come diceva Sant’Ignazio di Loyola: “Chi crede in Dio non ha nessun motivo per essere triste e ne ha molti per essere gaio”. Perché? Perché “Dio è la sola cura globale. Non ne esiste altra. Qualsiasi altra terapia è solo parziale” (A. Jodorosky).


P. P.