Bar della stazione, in attesa del treno. L’anziano signore, molto distinto, ordina caffè e brioche e poi, con lentezza e precisione, estrae una scatolina e trae due pasticche.
L’età che avanza domanda anche questo, ho subito pensato: la salute va gestita con cura e molte attenzioni. Ricordando gli ultimi mesi di vita del papà, un puzzle di medicinali da assumere in orari prescritti, senza “scampo”: per fortuna c’era mamma a vigilare…
Il tramonto della vita è una fase, più o meno lunga, che a molte persone è concesso di gestire con una certa libertà di movimenti e varietà di scelte personali: nessuno ama invecchiare (e ancora meno sentirsi dire vecchio o essere considerato inutile), ma senza dubbio molti oggi godono di possibilità un tempo impensabili.
E in ogni caso, comunque sia stata la vita, l’ultimo tratto sarà il più impegnativo: come lo sprint finale in una gara di corsa, come il sentiero più scosceso prima del rifugio alpino… Per questo ci viene raccomandata dal Signore e dall’esperienza della chiesa la vigilanza. Ricordo l’impressione che in me, giovane prete, faceva una frase del vescovo Franceschi: “Pregate per me il Signore, che mi conservi fedele”. Il vescovo che chiedeva per sé la perseveranza! Era un uomo sapiente, e poi ha passato la prova decisiva esemplarmente, con la viva luce della fede.
Non va però dimenticato che oltre il tratto finale c’è un traguardo d’incredibile bellezza e sorprendente meraviglia. Per quanto sia difficile l’erta conclusiva, qualunque sia la prova da attraversare, “le sofferenze del tempo presente non sono paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi”. La parola della rivelazione ci dà questa speranza grande, non possiamo far finta di niente, non ha senso trascurarla o sottacerla!
A noi spetta allungare lo sguardo oltre l’oggi - talvolta pesante e duro - e affidarci alla promessa che poggia sugli insegnamenti di Gesù. Anzi, sulla sua risurrezione, principio di vita nuova, felice, eterna.
Cesare Contarini