È stata un’estate calda, ma non soltanto sotto il profilo meteorologico. Sono emersi picchi sconosciuti di malessere che, in una società del profitto, degli interessi e dei consumi ad oltranza come quella in cui viviamo, testimoniano un mal di vivere che ha radici profonde, che affondano nel terreno del cuore, quindi della coscienza e dei valori che la edificano. È in continua ascesa l’uso di sostanze stupefacenti e di alcol soprattutto fra i giovani. Molte giovani vite sono state stroncate dall’alta velocità quale prolungamento dello sfrenato modo di vivere, spinto oltre ogni soglia e limite dall’assunzione di droghe d’ogni genere, semmai nel chiuso di discoteche dove la musica assorda ed attutisce le sollecitazione dell’anima, il suo bisogno di silenzio, di parole e gesti di vita. Il silenzio spaventa.
Il silenzio genera paure e fa affiorare drammaticamente il vuoto di senso che ci circonda. Il silenzio ci fa sentire più isolati che soli, e quando ciò accade vuol dire che si è compiuto o si sta compiendo il passaggio dall’essere all’apparire, perché l’essere, una vita fondata sull’essenza, sulla roccia, su solide basi valoriali preserva dal male oscuro, contiene dosi di vita e di crescita talvolta insospettate. La quiete interiore, quella pace intima a cui tutti aspiriamo, nasce dal silenzio come luogo dove Dio si manifesta all’occhio dell’anima, la voce della coscienza si percepisce oltre il diffuso frastuono, dettando le sue aspirazioni, indicando un tragitto verso la terra promessa, verso oasi di pace e di felicità. Oggi che le prestazioni d’ogni genere devono essere spinte al massimo, emerge prepotentemente il bisogno di correggere il tiro, di imparare le antiche virtù della temperanza, dell’umiltà e della mitezza.
Tutti siamo chiamati a questa difficile conversione, di certo non favorita dai modelli che ci attorniano, quasi tutti negativi. Già, eroi negativi passano per esempi di vita, comportamenti di star del cinema, della moda e del jet set internazionale passano per quelli a cui conformarsi per essere al passo con i tempi. Giornali e riviste ci propinano cronache rosa che, a ben vedere, già contengono in sé i futuri sviluppi di color grigio o nero.
Serviti quanti sostenevano che la liberalizzazione delle droghe ne avrebbe fatto calare il consumo (di fatto la droga si vende come una merce qualunque al mercato libero, bastano poche decine di euro per una dose di cocaina, una volta prerogativa di talune élite); serviti coloro per i quali proibire equivarrebbe ad uccidere, resta una desolante realtà con cui occorre fare i conti, educatori, politici, intellettuali, sacerdoti: l’emergenza educativa. Non si invoca un ritorno al passato, alla severità di certe pratiche. Non si immaginano scenari autoritari, ben lontani da chi come noi ritiene che la libertà sia un bene assoluto da difendere con le unghie e con i denti. Si invoca soltanto la riscoperta di modelli educativi che legano la libertà alla responsabilità e al dominio di sé, che diano valore e senso profondo alla vita. Non‘è affatto vero che la libertà postuli l‘anarchia, che essere liberi significhi assecondare ogni istinto e pulsione. La libertà è esattamente il contrario di questo, è saper scegliere, ma sempre per la vita ed il benessere morale e spirituale.
Salvatore Bernocco