Siamo al cuore dell’autunno: gli alberi si spogliano delle foglie, le nebbie mattutine indugiano a dissolversi, il giorno si accorcia e la luce perde la sua intensità. Eppure ci sono lembi di terra, i cimiteri, che paiono prati primaverili in fiore, animati nella penombra da un crepitare di lucciole. Sono stati celti a collocare in questo tempo dell’anno la memoria dei morti,memoria che la chiesa poi ha cristianizzato, rendendola una delle ricorrenze più vissute e partecipate.
Nell’accogliere questa memoria,questa risposta umana alla “grande domanda” posta a ogni uomo, la chiesa l’ha proiettata nella luce della fede pasquale che canta la resurrezione di Gesù Cristo da morte,e per questo ha voluto farla precedere dalla festa di tutti i santi, quasi a indicare che i santi trascinano con se i morti, li prendono per mano. Ed è al tramonto della festa di tutti i santi che i cristiani non solo ricordano i morti, ma si recano al cimitero per visitarli,come a incontrarli e a manifestare l’affetto coprendo di fiori le loro tombe: un’affetto che in questa circostanza diventa capace di assumere il male che si è potuto leggere nella vita dei
propri cari. Per molti di noi là sotto terra ci sono le nostre radici, il padre,la madre quanti ci hanno preceduti e ci hanno trasmesso la vita, la fede cristiana e quell’eredità culturale, quel tessuto di valori su cui, pur tra molte contraddizioni, cerchiamo di fondare il nostro vivere quotidiano. Questa memoria dei morti è per i cristiani una grande celebrazione della resurrezione: quello che è stato confessato, creduto e cantato nella celebrazione delle singole esequie, viene riproposto qui, in un unico giorno, per tutti i morti. La morte non è più l’ultima realtà per gli uomini, e quanti sono già morti,andando verso Cristo non sono da lui respinti ma vengono risuscitati per la vita eterna,la vita per sempre con lui, il Risorto vivente.
Enzo Bianchi