È notizia non molto fresca di giornata, ma comunque di grande interesse: il Politeama verrà demolito e piuttosto che un teatro o un cinema ci ritroveremo con altre abitazioni, uffici o negozi. È l’ulteriore esempio di quanto stia a cuore dei nostri politici – tranne alcune eccezioni – la questione di dotare la città di un contenitore culturale. Su un sito web dedicato alla nostra città, si confrontano opinioni, talune assai opinabili, di ex sindaci,amministratori ed esponenti politici, da cui emerge tuttavia con nitidezza un fatto inoppugnabile: circa 166.000,00 euro pubblici furono destinati alla ristrutturazione di un edificio privato che avrebbe aperto solo in un’occasione per poi essere restituito ai legittimi proprietari. Quei soldi sono andati in fumo come molte aree verdi nel corso di questa torrida estate. Un eclatante caso di sperpero di denaro pubblico che richiederebbe un esame più approfondito, senza indulgere né in preventive condanne né in preventive assoluzioni.
Suscita notevole perplessità apprendere che taluno non era d’accordo sull’acquisto del Politeama ma a posteriori. Si dice che lo fosse all’atto della stesura del programma amministrativo, ma questo,com’è noto, non conta nulla.
Non si rispettano i contratti,figuriamoci gli accordi politici!
Cambiare idea si può, anzi si deve in presenza di ipotesi di reato, di illeciti amministrativi, di atti illegittimi. Sarebbe interessante capire per quale recondita ragione ci fu il dietrofront, e come mai si tiri oggi in ballo il Cinema Giardino quando non ci si oppose ieri alla sua demolizione. Negli esiti ultimi, e a prescindere dalle crisi di coscienza di talune belle quanto vecchie anime, sarà abbattuto il Politeama come lo fu il Giardino. In questo c’è una coerenza che mette i brividi.
Devo mio malgrado sottoscrivere il pensiero di Schopenhauer a proposito della storia: “Clio, la musa della storia, è tutta quanta infetta di menzogne,come una prostituta di sifilide”. Nel senso che tranne quel punto fermo ed oggettivo della spesa, la vera storia del Politeama, luogo storico di Ruvo a prescindere dall’amianto e dai ratti, probabilmente non si conoscerà mai, o troppo tardi. Si alzano cortine fumogene, si parla di intrecci economici e politici, i distinguo si fanno oltremodo sottili, i sussurri si perdono nei palazzi del potere come guizzi di lucertole, quel po’ di verità che può attingersi dalla lettura degli atti pubblici nulla ha a che fare con i retropensieri o le logiche che li determinarono, con gli accordi politici più o meno palesi.
Del resto non è una novità che in Italia e nel mondo talvolta si dia veste giuridica formalmente ineccepibile a quanto de facto e secondo il comune senso del pudore ed il buon senso del pater familias sarebbe azzardo, stoltezza o leggerezza. Nessuno spenderebbe il proprio denaro per ristrutturare l’immobile di un terzo, ad esempio. Ma se si tratta di denaro pubblico, beh, la cosa cambia. Ai politici l’azzardo viene perdonato, all’uomo comune no, ed in questo sta la sostanziale differenza fra chi fa politica e chi si occupa della propria famiglia: la sostanziale irresponsabilità dei primi, la assoluta responsabilità dei secondi.
Tuttavia, sarei dell’idea di stendere un velo pietoso su tutta la vicenda purché ci si dia da fare per reperire un contenitore culturale che possa restituire dignità e decoro culturale a questo nostro paese.
Da diversi anni viviamo una sorta di assurda spoliazione,abbiamo delegato ad estranei al territorio le nostre sorti, nel solco di quell’adagio secondo cui il ruvese è amante del forestiero. Da molti anni assistiamo a valorizzazioni culturali e a scalate dettate esclusivamente dall’appartenenza ad una precisa area politica. Da diverso tempo il teatro è assente nel nostro paese, e mi riferisco a quello di qualità, non alle sue caricature. Da tempo il sentire comune non è percepito dal potere, la sensibilità comune è tacciata di rozzezza, ci si inventa eventi di straordinaria pesantezza per le avanguardie intellettuali o culturali. Il “pochi ma buoni” non mi trova affatto concorde, è l’altezzoso vezzo di chi tende ad escludere più che ad includere. Da circa un decennio, tranne qualche sprazzo o atto di buona volontà, la politica ruvese ci regala malesseri e gocce di Valium.
È tempo di inaugurare una nuova stagione politica, purché non la si chiami “primavera”,termine già abusato e naufragato in una sorta di perenne ombrosità autunnale. Si parla di nuove formazioni politiche, nasceranno anche a Ruvo, ma la mia secca domanda è: se non cambia il contenuto, a che pro un nuovo contenitore?
Salvatore Bernocco