Quale spazio hanno i giovani in parrocchia? Sono, e si sentono, valorizzati? La parrocchia è solo un’agenzia di servizi, o luogo dove si cresce nel senso di appartenenza e di missionarietà?
In una società consumistica,all’interno di una diffusa frammentazione esistenziale e in un contesto in cui sono comunque vivi i segni della tradizione, il dato religioso non viene generalmente rifiutato. Va però collocato nella serie dei prodotti, tra i generi di consumo, dei quali, a tempo e luogo, si può approfittare. E la comunità cristiana, nelle sue varie determinazioni, diventa agenzia di consumo, supermarket per diversi clienti. C’è chi si rivolge alla parrocchia nelle scadenze della vita: battesimo, prima comunione, cresima,matrimonio, funerale… Ad ogni tappa della vita il gettone corrispondente, per poi vedersi alla successiva puntata. È il tipo di relazione che può essere definito di “toccata e fuga”.
C’è chi si rivolge alla parrocchia e ai suoi riti per vivere una sorta di full immersion nella memoria storica che trova appunto nelle celebrazioni tradizionali -feste, processioni…- le sue manifestazioni tipiche.
C’è chi si rivolge alla parrocchia per trovare risposta al bisogno individuale di “sacro”, senza che tale risposta incida sulla sua vita sociale e comunitaria.
C’è anche, soprattutto tra i giovani, chi vive la parrocchia come luogo di transito: ad una più o meno fuggevole esperienza, in cui li si “utilizza” in qualche attività catechetica o di animazione, senza che faccia seguito la maturazione di una appartenenza frutto di una ricerca e di una scoperta di “senso”.
Antonio Mastantuono