Ci fu tempesta; all’esterno sembrava tutta una distruzione dell’esistente; ma fu una illusione: le radici dell’albero secolare non furono distrutte!
Così c'è da dire sull’ultima tempesta mediatica circa la figura sacerdotale.
Tanto nerume, tanto soffiare di venti impietosi con l’intento anche di sradicare la necessaria esistenza del ministero sacerdotale nel mondo… ma in effetti le radici resistettero all’urto violento. Stampa, radio, Tv da ogni parte del mondo comunicavano casi vissuti in tempi lontani ed oggi riesumati quasi a legittimo fondamento di una tesi macabra e dissoluta.
Ma la tempesta purifica non distrugge; il dopo-tempesta fa ritrovare l’ambiente più composto e fa ritornare ogni cosa alla sua genuina originalità.
Il sacerdozio cattolico non può essere vittima sacrificale delle sfide culturali dell’oggi che marciano sulle onde del nichilismo. È nato nel Cenacolo dove in effetti aleggiava l’ombra della fragilità, ma altrettanto v’era la presenza forte e decisa degli Undici che portarono il messaggio cristiano in tutto il mondo.
La presenza della fragilità non è sinonimo di vulnerabilità collettiva… ed ecco oggi, dopo la tempesta, sul volto della Chiesa vi si legge qualche ferita ma non certo la sconfitta, né la fuga in massa.
Si va avanti: ci sono i sacerdoti dalle mille pietre preziose di una oblatività senza confini, di una carità trasversale verso anche i lontani, di una creatività che sfida i progetti umani, di una realizzazione di opere che rende possibile il grido: è un mistero.
E nel mistero del mondo che si accompagna anche il mistero del prete,lievito del bene che non fa clamore.
Raffaele Faccio