Educarci per educare

Miei Cari,
vorrei tentare di proporvi alcune riflessioni sul tema della educazione che il Papa e i vescovi ritengono “ineludibile priorità, grande spia per la comunità cristiana e per l’intera società”.
Chissà che in questi mesi estivi non riusciate a trovare qualche momento per rivisitare l’argomento, per ricuperare il senso della “relazione” tra le persone e della appartenenza ecclesiale.
Oggi infatti è necessario ricuperare una convinzione e cioè che è possibile tornare ad educare. Se educare non è mai stato facile, oggi appare più difficile soprattutto per quel senso di smarrimento e di sfiducia che coglie proprio coloro che sono preposti al compito educativo.
Genitori, insegnanti, sacerdoti ed educatori a volte sono come in panne nel senso che i primi non possono lasciare a se stessi i figli, gli altri per le difficoltà che incontrano nella missione della formazione dei ragazzi e dei giovani soprattutto dovendosi coniugare la crescita delle persone e la libertà in cui uno è chiamato a realizzarsi.
Ce lo ha ricordato il card. Bagnasco che avendo assistito al progressivo venir meno del compito educativo, bisognerà “ritornare dall’esilio educativo” in cui sembra essersi confinata la civiltà occidentale.
Il Papa è tornato a ricordarci il compito insostituibile della educazione e della coscienza perché, come nessuno può darsi la vita da solo e nessuno è all’origine di se stesso, nessuno può diventare adulto da solo.
Da dove cominciare? In quale direzione muoversi? Il vescovo don Gino ci ha fornito ampi spunti a riguardo e sui quali faremmo bene a ritornarci. Un dato di fatto è che la società in cui viviamo sta progressivamente perdendo il senso della relazione.
Mentre la Parola di Dio, sin dalle prime pagine della Bibbia ci orienta all’incontro con l’altro, noi avvertiamo la tendenza a ricercare prevalentemente o unicamente se stessi. È l’egoismo. La proposta cristiana è ben altra cosa. L’individualismo mina alla radice la relazione personale e la solidarietà, genera solitudine e paura, chiusura e rifiuto dell’altro. Ma, scrive Levinas “è il volto dell’altro che ci interpella e ci guida verso la più difficile delle virtù: la responsabilità”.
Dignità e valore della persona anzitutto: “Avete un solo Padre nei cieli e voi siete tutti fratelli”. È la vera emergenza educativa. La parrocchia allora non può non presentarsi come movimento di educazione e rieducazione all’amore.
A volte capita che in parrocchia ci siano frequenze e organizzazione impeccabili, ma all’interno ci sia chi soffre fame e solitudine e nessuno se ne dà pensiero.
La parrocchia viene indicata come “ambito privilegiato per la formazione della mentalità e comportamento dei membri che la compongono, capace anche di generare cultura nel contesto umano in cui vive, essendo “chiesa” in mezzo alle case degli uomini. Tutti insieme, consapevoli e fiduciosi di poter assolvere questo compito.
Ricordiamo, miei Cari, che la Chiesa deve rimanere “casa e scuola di comunione”.
Questo periodo di riposo ci confermi sempre più in questo itinerario di educazione e rieducazione all’amore verso una parrocchia “famiglia di Dio”.

Buone vacanze
Don Vincenzo


“La bontà è una delle forme più alte di intelligenza!”.
Saramago J.