- La si divide in maran atà, tradotto, come in Ap 22,20, “il Signore viene”. Ma la forma aramaica è quella del perfetto, e si dovrebbe tradurre con “il Signore è venuto”. Infatti la forma del presente sarebbe ’ate.
- Si può dividerla in maranà tha, che sarebbe: “Vieni, Signore Gesù”. Ma non è molto sicura nell’aramaico della Palestina.
- L’uso in senso di anatema si rifarebbe a frasi similari dei Salmi: “Il Signore viene a giudicare la terra” (Sal 96,13). E pare che lo stesso significato abbiano alcune invocazioni dell’AT e del NT, sia nel senso del tempo ultimo che in senso presente (2Tm 4,1).
- Considerando poi ulteriori possibilità, il secondo elemento di maranata, potrebbe indicare semplicemente due lettere, la prima e l’ultima dell’alfabeto. In Ap 1,8; 21,6 (si tratta di Dio Padre) e in 22,13 (riferito a Gesù Cristo) si dice: Io sono l’Alfa e l’Omega”. La Volgata ha: Ego sum alpha et omega, prima e ultima lettera dell’alfabeto greco. E questo sarebbe forse l’originale greco.
- In maranata, “Vieni, Signore Gesù”, potrebbe essere vista anche una firma o un segno a modo di rubrica, che sarebbe un contrassegno segreto conosciuto dai cristiani (2Ts3,17). Quindi l’alfa e omega “Vieni, Signore Gesù”, sarebbero contrassegni segreti che garantirebbero la genuinità del libro e illuminerebbero tutto il resto.
A conclusione, sembra che la spiegazione più accettabile per le ultime parole dell’Apocalisse debba essere quella di un semplice desiderio (marana tha): “Vieni, Signore Gesù, subito, come dici!”, e forse, anche se non appare chiaramente, quella di un contrassegno convenuto a modo di firma.
Al di là delle possibili spiegazioni, la realtà è che Maranà tha rimane una parola carica di significato molteplice e racchiude nella sua invocazione tutto l’anelito dello spirito umano, l’attesa e la nostalgia di Dio, lo zelo per il suo regno di giustizia e di pace, l’amore struggente del credente verso il suo Signore e l’avvento di una umanità migliore. Che preghiera intensa in una sola parola!
Leo Dani