Chiedono il matrimonio cristiano, ma una coppia su tre già vive insieme. Animatori e famiglie dibattono il problema. Parola d’ordine: ri-parliamo agli adolescenti dell’amore vero.
Come vedete, cari lettori e lettrici, ho detto tutto, o quasi. Però, è d’obbligo precisare un poco. Dilaga il fenomeno delle convivenze.
C’è chi, nella foga di trovar rimedi, si lancia per teorie, tipo: i giovani sognano la famiglia, ma non scommettono su se stessi, non sono disposti a mettersi in gioco, hanno poi bisogno di “prove” e si illudono che la convivenza possa dare garanzie per un futuro di felicità. Basta, capito!
Leggendo il resoconto emerso da un convegno in proposito, ho immagazzinato una buona idea. Non giudicatela banale. E, anzitutto, fatemela citare: “Una delle soluzioni obbligate sta in un rinnovato sforzo di educazione ai sentimenti e all’affettività, cominciando dagli adolescenti. Perché è a 16, 17 anni che s’impara l’amore. Quello vero, chiaramente”.
E adesso fatemi parlar serio. Dalla Settimana di formazione per gli operatori della pastorale familiare, tenuta a Crotone nel giugno scorso, è emerso un dato poco confortante e in parte ancor meno spiegabile.
Eccolo: “Il 90% delle diocesi italiane non segnala nessuna iniziativa specifica sul tema delle convivenze. Solo il 10% delle diocesi, invece, ha elaborato qualche sporadica esperienza d’accompagnamento, a volte con percorsi formativi ad hoc, a volte istituendo due corsi paralleli per rispettare e valorizzare le diverse realtà di vita delle coppie”.
Che cosa vuol dire, che le convivenze sono un problema rimosso dalla coscienza e dall’attenzione delle comunità cattoliche?
Bisogna calarsi nei fatti, e i fatti dicono che in Italia, per moltissimi giovani, è la convivenza di coppia il luogo privilegiato in cui matura la scelta del matrimonio cristiano. Sembra un controsenso: convivenza e percorso verso il matrimonio cristiano.
Calarsi nei fatti non è lo stesso che accettarli e basta. Da un lato, se queste coppie di conviventi decidono di regolare la propria unione con il sacramento, è una cosa positiva e va accolta di buon grado.
Dall’altra parte risulta evidente che, limitandosi alla pura accettazione della situazione di fatto si finisce per fare apparire bigotti i fidanzati per così dire tradizionali. Per tali motivi, condivido appieno l’idea sopra riportata, e cioè che bisogna lavorare maggiormente negli spazi formativi degli adolescenti. Prevenire, ripensare l’intero ciclo dell’educazione familiare, piazzandovi l’assillo e la fatica dell’iniziazione dei figli all’amore.