Mancano pochi giorni alla tornata elettorale di giugno. Voteremo per il rinnovo del Consiglio provinciale di Bari ed il Parlamento europeo. Sull’importanza dell’Europarlamento non spenderò parola.
Qualche riflessione invece va fatta a proposito della Provincia di Bari, la cui utilità è fortemente discussa (non solo di quella barese, ovviamente, ma di tutte le 109 province italiane). A cosa servono le Province? I più maliziosi rispondono che servono per sistemare personale politico, visto che, nella maggior parte dei casi, non si sa bene che cosa facciano, quali siano le loro funzioni, quali risultati conseguano per il progresso delle comunità locali. E che dire dei Consiglieri provinciali? C’è modo di monitorarne l’attività, il numero delle volte che hanno partecipato alle sedute del Consiglio? Quali interventi hanno intrapreso per “dirottare” finanziamenti ed utilità verso le città della Provincia? C’è modo di sapere se si sono impegnati, se sono stati assidui o se si sono limitati a scaldare le sedie del Consiglio e delle Commissioni per lucrare il gettone di presenza? Quali vantaggi ha ottenuto Ruvo dalla Provincia di Bari?
La nota dolente è sempre la solita: nell’arco di tempo fra una elezione e la successiva, un silenzio tombale cade sulla Provincia. Diviene evanescente. Si trasforma in qualcosa di impalpabile e lontano, una sorta di puntino all’orizzonte delle vicende umane e locali, politiche ed amministrative.
Di tanto in tanto dà segnali di vita, poi il diagramma ridiventa piatto. Di quanto vi accade si apprendono pochi particolari, ed il rapporto fra l’eletto e l’elettore, vezzeggiato un mese prima del voto, si fa incostante e tenue fino a scomparire. Se ne riparlerà decorsi i canonici cinque anni di volatilità, con le dovute poche eccezioni. Si parlava – e si parla – di abolirle, ma nel frattempo, tanto per rimanere dalle nostre parti, se ne istituisce una nuova, la BAT, la sesta in Puglia, con corteo di uffici periferici dello Stato ed un dispendio di denaro pubblico che, forse, meriterebbe altra destinazione e sorte.
Ma, fatta questa premessa, votare non è inutile. È l’unico modo che abbiamo per far conoscere la nostra opinione a chi muove i fili della politica, per punire o premiare. E, eventualmente, per cambiare squadra, qualora si ritenga che quella precedente abbia fatto acqua e sprigionato solo tanto fumo. O prodotto molta paglia, che, se fa maturare le nespole, in politica è sinonimo di niente.
S.B.