TUTTO IL POPOLO È CON PAPA FRANCESCO

E adesso? La domanda nasce spontanea nel reticolato delle parrocchie di tutto il mondo dove il sinodo ordinario sulla famiglia appena trascorso sarà costretto a dare risposte pastorali chiare, o almeno, non suscettibili di “arbitraria” dottrina. Già, e adesso? Cosa faranno in tema di pastorale familiare i vescovi locali? Probabile che papa Francesco renda noto a presto le sue decisioni attraverso un ‘esortazione apostolica. Ma ciò basterà a imprimere una nuova rotta in quella parte dell ‘episcopato mondiale recalcitrante alle novità del pontefice? Le domande si affollano. Anche se il sinodo un verdetto l’ha già dato. L’accoglienza pastorale ai divorziati risposati si allontana, elegantemente e democraticamente, dal recinto ristretto della cieca obbedienza dottrinale, come ha detto Enzo Bianchi, per entrare nel campo, intimo e più delicato, della coscienza. Si vedrà, caso per caso. Ma, si domanda qualcuno, non funzionava già così? I preti, di fatto, nella loro maggioranza, non davano già la comunione al “condannato” divorziato risposato? La relazione finale approvata al sinodo, nel punto in questione, è chiara: “I battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili... La loro partecipazione può esprimersi in diversi servizi ecclesiali: occorre perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate. Essi non solo non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della chiesa, sentendola come una madre che li accoglie sempre, si prende cura di loro con affetto e li incoraggia nel cammino della vita e del vangelo. Quest’integrazione è necessaria pure per la cura e l’educazione cristiana dei loro figli, che debbono essere considerati i più importanti. Per la comunità cristiana, prendersi cura di queste persone non è un indebolimento della propria fede e della testimonianza circa l’indissolubilità matrimoniale: anzi, la chiesa esprime proprio in questa cura la sua carità”. Un testo chiaro, dove si invitano i parroci (e i vescovi) a superare quelle rigide esclusioni pastorali praticate “in ambito pastorale, liturgico ed educativo” nei confronti dei divorziati risposati. Anche se i punti più dibattuti della relazione sono “passati” per alcuni voti (il quorum dei due terzi era di 177 voti) non si può non accorgersi di quanto la chiesa abbia fatto un passo avanti verso quella misericordia tanto voluta e praticata da papa Francesco. Se pensiamo a come la chiesa era messa solo due anni fa, e non solo su questi terni, c’è da gridare al miracolo. Il cardinale Martini, poco prima di morire, rilasciò un’intervista in cui parlò di una chiesa in ritardo di duecento anni.
Ma, al di là, del sinodo e dei suoi risultati, quello che è emerso è che anche la chiesa, monarchia illuminata che vive da duemila anni, ha scelto la democrazia e la trasparenza come gesto di rottura rispetto al suo passato. Non è una cosa da poco. Alle scartoffie e agli intrighi di uffici curiali, papa Francesco ha contrapposto il voto, ai pettegolezzi di palazzo la discussione. Sebbene, purtroppo, gli intrighi di palazzo continuino a proliferare oltretevere: Vatileaks2, infatti, sembra riemergere dalle scartoffie vaticane. È finito in carcere monsignor Lucio Angel Vallejo Balda, spagnolo, ex segretario della prefettura degli Affari economici e della Commissione di studio sulle attività economiche e amministrative (Cosea), per aver divulgato notizie riservate e telefonate private del papa a giornalisti. Sotto accusa con lui, anche Francesca Immacolata Chaouqui, ex componente della stessa Commissione. Per fortuna, Francesco va avanti. Questo modo di fare, questa “parresia evangelica”, rappresenta lo stile del pontificato di Francesco, a metà tra intelligenza ignaziana e spiritualità francescana. Uno stile cercato nelle viscere del vangelo, e una parola incoraggiata dal grido di dolore di un mondo contemporaneo accecato da una globalizzazione senza regole e senza limiti. La forza di papa Francesco è tutta qui. Oltre le esortazioni evangeliche, le encicliche. Oltre le scelte sui futuri episcopati che pur ci sono e sembrano finalmente intravedere una linea di direzione. Le ultime nomine vescovili, solo se pensiamo all’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, e a quello di Bologna, Matteo Zuppi, vanno diritte nella scelta di uomini che hanno abbracciato l’abito talare per calarsi nell’odore delle pecore. Vescovi di strada, sì. Ma anche vescovi e preti formati a una solida teologia, che non hanno mai perseguito carriere e onorificenze, e anche per questo premiati da Francesco. Ecco perché i rigoristi, o conservatori, o tradizionalisti, hanno fatto uno scivolone con la storia prima del monsignore gay, poi della lettera dei 13 cardinali che come tutte le commedie tragicomiche non si è saputo chi avesse firmato veramente, e infine con l’insuperabile bufala del tumore benigno al cervello del papa. L’attacco a papa Francesco continuerà anche in futuro. Ma, rispetto al tiro infuocato dei suoi nemici, non nuovi nell’uso spregiudicato di carte e documenti segreti per colpire l’avversario, la contraerea bergogliana usa la tenerezza e la “durezza” delle Beatitudini. I sinodi passano, la chiesa rimane. Così i difensori a oltranza di una chiesa arroccata sui suoi inossidabili misteri e leggi imperturbabili nel tempo e nella storia non raccoglie che lo striminzito un terzo dei voti, stando però solo alla conta di vescovi e cardinali un po’ anziani, in gran parte eletti sotto il pontificato dei due precedenti papi. Il popolo, in realtà, è tutto con papa Francesco. Un popolo di fedeli che forse solo ora sta capendo la grande novità di questo pontificato. Per Francesco, infatti, la chiesa è inclusiva, mai escludente. Anche per chi non la pensa come lui. Una chiesa che ha i tempi lunghi della mediazione e della parsimonia e i tempi presenti della misericordia e della tenerezza evangeliche. Il Giubileo straordinario della misericordia voluto da papa Francesco e che ha avuto inizio l’8 dicembre scorso, si inserisce in questa visione profetica del pontificato, dove il decentramento tra chiesa centralistica ed episcopati locali attende l’ultima spinta per una piramide rovesciata: il potere e il servizio nascono dal basso. La rivoluzione continua.