Il dialogo con i testimoni di Geova è messo in crisi dalla difficoltà pura e semplice di trovare un orizzonte comune ove svolgerlo. La Bibbia dovrebbe essere la base per l’incontro: è per questa via, infatti, che si sviluppa l’ecumenismo tra le varie chiese e denominazioni cristiane.
Ma anche qui i testimoni di Geova alzano una barriera che è difficilmente sormontabile, perché è di principio e di metodo. La versione biblica dei geovisti italiani è condotta sull’inglese e non sull’originale ebraico e greco. Non esiste nessuno studioso qualificato e rigoroso dell’esegi biblica di fede geovista. Non mancano interventi faziosi sui testi.
I testimoni adottano un metodo di lettura che è inaccettabile in partenza. Ignorando che la Bibbia è parola di Dio espressa in parole umane e legata a una storia, a una cultura, a un tempo e a uno spazio e a un suo sviluppo, essi la leggono non nel valore che quelle parole avevano, ma così come esse suonano. Essi, che spesso conoscono approssimativamente la Bibbia, selezionano invece i passi secondo il loro interesse. Il più delle volte, però, essi usano un numero ristretto di citazioni frammentarie, estrapolate dal loro contesto e, quando fa comodo, non più interpretate letteralmente ma molto liberamente. Si tratta di una lettura confusa e arruffata, ora rigida ora evanescente, che ignora la sequenza dei testi, ma li smembra e li unisce secondo le proprie necessità. È chiaro che con una simile impostazione di principio e di metodo è difficile, per non dire impossibile, dialogare in modo costruttivo non solo da parte del fedele ma anche da parte del biblista serio, cattolico, ortodosso o protestante.