VERSO LE ELEZIONI REGIONALI

Nel prossimo mese di marzo saremo chiamati a votare per il Consiglio della Regione Puglia. Tre i candidati in lizza, Palese, Poli Bortone e il terlizzese Vendola, un autentico outsider, impostosi all’attenzione generale per aver primeggiato, senza attenuanti, sul suo avversario Boccia, candidato dai big del PD, alle primarie dello scorso gennaio.
La nostra Regione ha senz’altro fatto passi in avanti in questi anni. C’è stata un’attenzione inedita ai giovani con il programma, che pare abbia ben funzionato, “Bollenti Spiriti”, che ha consentito a moltissimi giovani pugliesi di formarsi all’estero, in realtà più dinamiche ed all’avanguardia. Vendola ha saputo proteggersi dai sussulti scatenati dalle dichiarazioni di Tarantini, che hanno condotto alle dimissioni di Frisullo e di Tedesco, poi approdato al Senato forse inopportunamente, visto che, stando ai quotidiani,‘è in qualche modo implicato nelle indagini della magistratura barese. Ha insomma dimostrato di avere polso e coraggio, sebbene non si comprenda perché analoghe misure “preventive” non siano state assunte per altri, anch’essi sfiorati dalle indagini. Una vicenda, quella della sanità pugliese, che ha portato agli arresti di funzionari e dirigenti, e che potrebbe riservare ulteriori sorprese e novità. La Poli Bortone è donna di sicura consistenza e carisma, leader di un movimento sudista che si è alleato con l’UDC di Casini e Buttiglione, la formazione centrista che, a seconda delle situazioni politiche regionali, appoggia ora la sinistra ora la destra. Analoghe oscillazioni aveva il PSI di Craxi, che a livello locale si legava ora alla DC ora al PCI. Secondo alcuni, la Poli Bortone sarà una spina nel fianco del candidato del PDL, Rocco Palese, un fedelissimo del ministro Raffaele Fitto. È opinione generale che se le forze cosiddette moderate e centriste avessero raggiunto un accordo su una candidatura unitaria, la corsa di Vendola verso la riconferma sarebbe stata più difficile, una corsa con più di un ostacolo. La frammentazione di quell’area oggettivamente lo agevola, come pure l’essere assurto ad un ruolo e ad una notorietà nazionali per aver stravinto le primarie, mettendo in un angolo Bersani, D’Alema, Letta ed altri. Il PD si è mostrato nella fattispecie ondivago ed incerto, senza una linea politica chiara, il che probabilmente avrà riflessi sulla sorte della classe dirigente regionale e sul futuro di qualche consunto leader della sinistra.
Le primarie, in ogni caso, vanno apprezzate, sono un modo per aprirsi alla società, per uscire dai circuiti viziosi dei partiti, per mettersi in ascolto dell’elettorato. Resta da chiarire quale ruolo debba competere agli organismi dirigenti, espropriati della possibilità di individuare candidati funzionali a progetti politici strategici e di lungo respiro. Sembra tuttavia strano che non siano state celebrate nel Lazio, dove la candidatura della Bonino non sembra godere di molto gradimento, specie nell’elettorato cattolico e moderato.

Salvatore Bernocco