In ognuno di noi si nasconde forse un 
venditore di almanacchi. All'inizio di 
un anno nuovo, andiamo cercando 
per noi e per gli altri i segni del buon 
augurio, i presagi della fortuna, ingrati 
verso il passato che detestiamo, proni 
e adulatori verso l’Anno Nuovo. E 
come se cercassimo di propiziarci i 
favori della fortuna. Quella fortuna che 
la tradizione ci ha consegnata cieca, 
chissà perché. Forse per dire che non 
è cattiva né buona; essendo cieca 
colpisce o accarezza senza sapere 
chi siano i destinatari di carezze e 
bastonate.
Naturalmente sappiamo benissimo che 
tutto ciò è falso e pagano. La fortuna 
per noi si chiama responsabilità e 
grazia. La fortuna è una fuga dalla 
realtà, è un modo per cercare scuse, 
alibi o consolazioni. Quando è a nostro 
favore diciamo che si, però se non 
avesse trovato noi... Quando invece 
“dice bene” agli altri, diciamo che a lei 
vanno tutti i meriti delle belle cose che 
fanno gli altri: «è tutta fortuna, è solo 
fortuna».
Eppure ogni passaggio di anno porta 
con sé questo senso, un po’ magico 
e un po’ angoscioso, del tempo che 
fugge e consente, si, di seppellire un 
passato non felice, ma che nasconde 
anche l’incognita del futuro. Il curioso 
è che l’anno vecchio, che di solito 
gettiamo dalla finestra simbolicamente 
la notte di San Silvestro, ricordato 
dopo molti altri anni, appare bello, 
degno di rimpianti, di nostalgie.
È il segno che il tempo che passa, 
è un monito sulla morte, perché 
scandisce la fuga della vita. Il 
rimpianto del lontano passato non è 
che nostalgia di vita e di giovinezza e 
forse sgomento di morte.
Ma qual è la vera prospettiva 
cristiana di fronte a questo evento, 
che si ripete immancabilmente ogni 
anno e che, preso in sé, non è che 
il volgere normale di una giornata, 
il giro del cielo, l’alba e il tramonto; 
ma che finisce invece per diventare 
simbolo del tempo che corre? Il 
senso cristiano è quello del dono 
che abbiamo ricevuto. E il dono 
dell’esistenza. Un dono che tende, 
vuole essere inesauribile. Noi siamo 
stati creati, infatti, per non morire, per 
vincere il tempo. Il nostro principio 
di vita è immortale, ma è affidato a 
uno strumento mortale. Le cellule 
del nostro pensiero sono di poco 
inferiori agli angeli e non moriranno. 
Le cellule dell’involucro - che non è 
un accessorio, ma è parte della nostra 
sostanza, anzi consustanziale, ciò che 
ci fa essere, con l’anima, persone - 
quelle cellule muoiono giorno dopo 
giorno, fino all'ultimo. Questa non è 
una contraddizione, ma è nella logica 
dei diversi principi vitali. Eppure noi 
la viviamo come una contraddizione, 
perché affrontiamo l’esperienza del 
tempo, della nascita e della morte con 
il nostro pensiero, che è immortale, 
immagine e somiglianza di Dio. 
E allora? Allora non possiamo 
considerare degne di questa 
apparente contraddizione le piccole 
fughe nella sfera d’argento o negli 
oroscopi. Noi abbiamo un dono che 
è nostro tipico, legato all'immortalità. 
E il dono della libertà, inseparabile da 
quello dell’intelligenza. Se siamo esseri 
intelligenti e liberi, possiamo anche 
affrontare i grandi problemi del tempo, 
della vita e della morte, che poi sono la 
risposta alle eterne domande: da dove 
veniamo, chi siamo, dove andiamo?
Augurare Buon Anno significa dunque 
augurare che sia un anno vissuto 
nella pienezza della nostra libera 
intelligenza; la quale ci consente di 
conoscere e di amare noi stessi, Dio e 
il prossimo. Pensate se questo augurio 
si avverasse per tutti: che bellissimo 
anno ci aspetterebbe!
Una benedizione gaelica termina 
con «Possa Dio tenerti nel palmo 
della sua mano». Da quando siamo 
stati creati, conserviamo tutti - buoni 
e cattivi - ancora una traccia del 
tepore di quelle mani che ci hanno 
plasmato. E anche se poi Dio ci ha 
lasciati percorrere le vie della nostra 
libertà, non è mai venuta meno la 
sua cura, la sua premura e anche la 
sua preoccupazione. Non sappiamo 
quando, ma verrà un giorno in cui
- concluso il nostro viaggio terreno - 
egli ci raccoglierà con le sue mani per 
riportarci nel suo orizzonte. A quella 
meta ultima tutti ci ritroveremo per 
essere insieme col Signore, nella pace 
e nella luce.
