MAMME DELLE NOSTRE CASE sono sante… e non lo sanno
Giusto, il titolo va letto con le dovute
distinzioni. Ma, ditemi voi stessi a
quante mamme potreste dare
l’aureola. Tante, senza numero. E son sicuro
che comincereste dalla vostra. Piccole
madonne delle case, assorbono luce solo per
rifletterla, sorridono contente nel dono di sé,
spesso fino allo spogliamento per mettere su
la vita dei mariti, dei figli, dei nipotini. Rivedo
mia madre negli anni della guerra spezzare il
pane alla nidiata dei figli, togliersi
letteralmente il morso dalla bocca per
loro. Poi, da grande, ho aperto il libro della
Sapienza e ho letto la bellissima pagina sulla
donna di casa. E’ la mirabile immagine di una
mamma e sposa che veglia su tutti, che prima
dell’alba è già in piedi mentre la famiglia
dorme. Una mamma che paga di persona,
pur di tirare il mese e mettere insieme pranzo
e cena.
Ci avete fatto caso? Gli uffici postali sono
affollati di donne e mamme. Attendono
pazienti il turno. Che vanno a fare? Sbircio,
un po’ maleducatamente, un conto corrente
con la dicitura di un destinatario particolare.
Non è un parente. Mi azzardo a domandare,
la signora mi risponde: “Un fiore ai bambini
di un Istituto…”. Il maschio non capisce, ha
fretta, certe cose le ignora addirittura.
Le mamme hanno il genio dell’amore, quello
che viene dall’alto e si tinge di Dio. Una
mamma col bimbo in braccio è l’immagine
più pura sulla terra. Ed è anche l’icona più
vicina alla santità, perché quando genera una
creatura, una mamma dà una mano al
Creatore. E lei lo sa. Avete presente Franco
Zeffirelli, il grande regista di “Fratello sole,
sorella luna”? Mi permetto di raccontarvi un
episodio della sua infanzia. L’ha reso noto,
del resto, lui stesso in un’intervista a Gente,
anni fa. Alla nascita, poiché non era stato
dichiarato, l’impiegato d’anagrafe gli diede il
proprio cognome, che era Zeffiretti,
senonchè nella trascrizione fu scritto per
errore Zeffirelli. E Zeffirelli restò. Sia come sia,
il bambino finì in un collegio di Firenze e lì i
compagnetti cominciarono a insinuare, a dire
e non dire sulla sua mamma. Il piccolo
piangeva. Capitò lì Giorgio La Pira, il sindaco
santo. Si avvicina a Franco, gli domanda:
“Perché piangi?”. Ora, c’era una parete una
grande tela dell’Annunciazione: l’Angelo, la
Madonna, l’umile interno della casetta di
Nazaret. La Pira mostra al bambino la
Madonna, gli fa capire che ogni mamma è
una madonna,, perché porta la vita che viene
da Dio. Il piccolo Franco si rassenerò e corse
a confondersi nello sciame dei suoi amichetti.
Le mamme fanno della casa un centro
d’amore, l’amore pià vero e bello che ci sia.
Ho visitato a Mesero (MI) un santuario unico
nel suo genere. E’ dedicato ad una mamma
santa, proposta dalla Chiesa alla venerazione
di tutti. Ricordate Santa Gianna Beretta
Molla? Giovanni Paolo II l’ha proclamata
Santa il 16 maggio 2004. Sapete, care
mamme, cosa dicono di voi presso la
Congregazione per le Cause dei Santi?
Dicono che nelle famiglie si costruisce la
“santità feriale”, fatta di piccole cose che
hanno un grande valore. E dicono che siete
voi a salvare l’amore e la vita. Ma sto
pensando alla messa domenicale. Mi vedo
circondato da mamme con grappoli di
bambini, altre già nonne. La Chiesa santa di
Dio è abitata dalle mamme. Il Cielo le
benedica, vi benedica tutte e… vi faccia
proprio sante.
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ANNO XXVIII - N.324